NON C’È DUBBIO, SONO UN INFEDELE: NON COSÌ INFEDELE COME PUÒ SEMBRARE A PRIMA VISTA.
Il 29 Febbraio 2020,
Sabato, a Riyadh, sulla via di Jenadriah, nel locale ippodromo, ci sarà la più straordinaria giornata di corse per cavalli purosangue Inglesi (e anche Arabi) che ci sia mia stata.
Addirittura la Saudi Cup, sul Dirt, sarà dotata di premi per USD $ 20.000.000.
Io sono sicuro che l’Italia, il Mipaaft, acquisterà i diritti TV e per le scommesse per quegli eventi: non lo facesse ci sarebbe veramente da iniziare un Class Action per lesione grave della conoscenza e della cultura ippica.
Tantissimi cavalli si muoveranno dagli Stati Uniti, ma non solo, anche perché il contorno, grande corsa sul turf compresa, fa veramente venire l’acquolina in bocca.
E chissà cosa farà la TV locale: il mio sogno sarebbe quello di vedere un giorno quei programmi interi (quelli delle grandi corse) trasmessi in Italia, senza traduzione.
Carlino continua a sognare.
Vi metto sulla strada dell’Arabia Saudita, Paese dove ho avuto la fortuna di andare diverse volte, con questo brano tratto dal mio romanzo “Ero in fila dietro di lei alla SIP e tre donne da (non) incontrare), pubblicato da Narcissus on – line.

Non c’è dubbio, sono un Infedele: non così Infedele come può sembrare a prima vista.
Sono infatti arrivato fino all’ultimo check point sulla grande strada che da Jeddah conduce a Makkah.
Ho dovuto mettere la freccia a destra e proseguire tra le colline sulla via di Taif, ma il drappo nero che ricopre la pietra nera nella Kaaba, nell’immenso cortile della sacra Moschea, si è leggermente increspato, come sempre accade, così dice la leggenda, quando l’Infedele (io mica tanto) si avvicina a Makkah.
Vigila ed è il Custode delle due sacre Moschee, quella di Makkah e quella di Al Madinah, Sua Maestà il Re Fahd bin Abdul Aziz bin Abdul Rahman bin Faisal bin Turki bin Abdullah bin Mohammed Al Saud (ora Salman bin Abdul Aziz bin Abdul Rahman – abbrevio – Al Saud, n.d.a.).
Se un giorno troverete uno sponsor che v’inviterà in Arabia Saudita, ricordatevi d’imparare a memoria le genealogie dei personaggi ai vertici dello Stato e quindi del Regno, altrimenti non capirete mai con chi avete a che fare.
Se dite all’amico:” Ieri ho visto Luigi Rossi”, lui rimane come un allocco, ma se precisate che Luigi è figlio di Giovanni che a sua volta è figlio di Antonio Rossi, il famoso industriale tessile della zona, allora tutto sarà chiaro.
Mi limito ai fondamentali per la sopravvivenza.
Saud bin Mohammed bin Moqrin – per voi Infedeli assoluti Saud figlio di Mohammed figlio di Moqrid – il capostipite della famiglia, si stabilì a Dir’aiyah, a Nord Ovest di Riyadh, e ne diventò il Ruler fino alla sua morte avvenuta nel 1725.
(l’altra sera, in uno stadio costruito ad hoc per l’avvenimento, a Dir’aiyah c’è stato l’incontro di pugilato Ruiz vs. Joshua, The Clash of the Dunes e qualche settimana fa, in quel luogo magico, è stata costruita una pista per un Gran Premio di auto di Formula 1 elettriche, b.d.a.).
Sono stato diverse volte a Dir’aiyah, nel Wadi Hanifah, la valle del fiume Hanifah, in secca ormai da secoli.
Sua Altezza Reale il Principe Sultan bin Salman bin Abdul Aziz Al Saud, uno dei figli del Governatore di Riyadh (ora è il Re Saudita, n.d.a.), il primo e unico astronauta Saudita (partecipò alla missione Explorer con gli Americani), nominato Ministro per il Turismo, Presidente dell’Al – Turath Foundation, costituita per salvaguardare il patrimonio artistico e le tradizioni del Regno, si è fatto restaurare una bellissima casa nei pressi di Dir’aiyah.
“Prendete un metro cubo di terra del fiume, cinquanta chilogrammi di paglia sminuzzata, da uno e uno e mezzo metri cubi d’acqua, mescolate per benino e lasciate fermentare per tre settimane, mantenendo la giusta umidità nell’impasto. Spargete un po’ di paglia su di una superficie perfettamente piana, quindi mettete il tutto in uno stampo di lana. Togliete lo stampo e ripetete l’operazione per diverse centinaia di volte. Lasciate seccare al sole: sarete pronti per costruirvi la casa”, suggerisce il Principe.
Durate la mia seconda visita a Riyadh fui invitato da Sua Altezza con l’Ambasciatore Italiano Marco Sorace Maresca e il Generale Mario Arpino, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito e suocero dell’allenatore di calcio Aldo Agroppi, a un party nella proprietà di Dir’aiyah.
Seduto per terra, dovetti mangiare carne di cammello, strappata con le mani dalla carcassa del povero animale.
Niente paura, alla fine del pranzo, impeccabili camerieri ricoperti dalla thawb candida d’ordinanza (la lunga tunica) con in testa la ghutra, la sciarpa bianca o a quadrettini bianchi e rossi, fissata dall’aghal, un cordone nero circolare, fecero scivolare sulle nostre mani acqua fresca, sapone e profumi rari.
Eravamo all’aperto, era Giugno, la temperatura torrida, quella sera circa 38° – quando si arriva a 48° si ferma tutto – io ero in abito blue con tanto di cravatta (pazzo furioso) e il Principe aveva predisposto enormi ventilatori, un vero e proprio impianto di aria condizionata, che facevano da corona al solito televisore gigante e al solito set di telefoni.
Il Generale Arpino, che all’epoca della Guerra del Golfo era in Arabia Saudita, con incarichi di comando ad altissimo livello, portò al Principe Sultan (accento sulla a) una bellissima quanto buffa foto d’epoca che ritraeva il Re Abdul Aziz bin Abdul Rahman Al Saud, attorniato da svariati figlioletti, alla cerimonia di una consegna di un aereo Caproni.
C’era anche il Principe Salman bin Abdul Aziz bin Abdul Rahman Al Saud (ora Re, n.d.a.), padre del nostro ospite che, come tutti i suoi fratelli, seduto su immense poltrone, non toccava terra con i piedi.
Non aveva certo di questi problemi Sua Maestà il Re, di statura imponente.
Nel mezzo del 18° secolo la famiglia Al Saud si alleò con Mohammed bin Abdul Wahhab, dando vita al “Wahhabismo”, la base del movimento religioso che ancora oggi è la forma ufficiale della religione Islamica nell’Arabia Saudita e, dopo una serie di vicissitudini, gli Al Saud se ne dovettero andare in Kuwait chiedendo asilo.
Ibn Saud, per gli addetti ai lavori Sua Maestà il Re Abdul Aziz bin Abdul Rahman Al Saud, riconquistò Riyadh e fondò il Regno nel 1932.
Quando la Chevron nel 1938 trovò il petrolio, i Sauditi svoltarono e oggi un Dollaro in più al barile significa per il Governo maggiori incassi per due miliardi e mezzo di Dollari, circa 5.000 miliardi di Lire.
A differenza di Dubai e degli altri Paesi degli Emirati Arabi Uniti, che hanno trasformato la loro economia da petrolio dipendente a centro di commerci, traffici e leisure, attività ricreative ad altissimo livello, il Regno è fedele all’oro nero e ai suoi derivati, Sabic il colosso mondiale del settore docet.
Il Re Abdul Aziz fu moto prolifico (ebbe trentasei figli maschi, ma le femmine sfuggono al conto dell’Infedele) costringendo al doppio e anche al triplo turno le sue sedici mogli.
Non si è sottratto alla regola perché in Arabia Saudita “lavorano” sodo ventiquattro ore al giorno su tre turni nell’edilizia e nelle attività collaterali.
La grande madre fu Hussah Al Sudairy, che diede alla luce ben undici Altezza Reali, tra di loro fratelli pieni – solo i discendenti diretti del Re Abdul Aziz si possono fregiare di questo titolo – e i ragazzi ne hanno fatta di strada: Fahd è sul trono, Sultan è il Ministro della Difesa, Naif è il Ministro degli Interni, Salman è il Governatore di Riyadh (ora è Principe Ereditario di Re Abdullah bin Abdul Aziz bin Abdul Rahman Al Saud).

Se passeggiate per Riyadh, percorrete l’Olayya, una strada infinita che non ha nulla da invidiare alla Fifth Avenue di New York, a Faubourg St. Honoré a Parigi, a Bond Street o a Sloane Street a Londra, a Via Monte Napoleone a Milano.
Tutti i grandi architetti del mondo, da Kenzo Tange a Sir Norman Foster, si sono cimentati in costruzioni di qualità straordinaria.
Non abbandoniamo l’Olayya: quante volte sono entrato nell’Aqariyah, shopping centre che di più non si può.
Una volta fissai un appuntamento a un conoscente:” Mi raccomando, davanti alla fontana alle 16.30”.
Di fontane ce ne sono troppe e l’amico è ancora là che mi aspetta!
Salendo con l’ascensore esterno di vetro al primo piano, sono capitato in un negozio fuori dal comune: antichità Beduine e abiti femminili di moda etnica, tutti ricamati a mano.
Non ho resistito alla tentazione di un tulle verde acqua marina, trasparente, ricamato a mano con tanto di sottoveste in tinta: anche il mezzo Infedele (o mezzo Fedele) ha un cuore (tutto per G o per E?).
Per la mia passeggiata quotidiana è d’obbligo la sosta al caffè Planet Sports, mega locale con schermo televisivo panoramico da sala cinematografica e sport live da tutto il mondo.
Sì, sono d’accordo, non ci sono né cinema né teatri, who cares, chi se ne importa, se ti puoi mangiare dolci che premiate pasticcerie, aperte anche la sera tardi, preparano come pochi al mondo.
Altro stop a uno dei caffè Internet.
Attenti però.
I Musulmani pregano cinque volte al giorno e per controllare i messaggi elettronici è sempre complicato.
Il mattino, appena s’incomincia a intravvedere la luce, è tempo dell’orazione dell’alba, Fajr; la seconda preghiera a mezzogiorno, dhohr, il pomeriggio l’asr, poi appena cala il sole il maghrib, e finalmente la sera l’aishà.
Ogni volta tutto si ferma e se il Fedele non va alla Moschea…………
Dentro e fuori dai caffè: non è poi così grave, basta coordinarsi con i tempi.
Ecco la hall dell’Al Khozama Hotel, parte del complesso di proprietà della King Faisal Foundation, la Fondazione cui hanno vita gli otto figli maschi del defunto Re Faisal bin Abdul Aziz bin Abdul Rahman Al Saud, assassinato nel 1975.
Sir Norman Foster, architetto Inglese – i Sauditi amano l’Inghilterra poiché quasi tutti quelli “buoni” hanno studiato in quel paese – ha disegnato una torre alta duecento sessanta sette metri, che ospita uffici e in ali laterali un albergo a cinque stelle, con tanto di maggiordomo ai piani, appartamenti e uno shopping centrico niente di meno che la succursale Araba di Harvey Nichols.
Nella competizione dei grattacieli è in corsa anche Sua Altezza Reale il Principe Al Waleed bin Talal bin Abdul Aziz bin Abdul Rahman Al Saud, socio in affari di Berlusconi, che ha recentemente venduto l’intero complesso e che per consolarsi ha acquistato la nuda proprietà dei terreni di Berkeley Square, a Mayfair, a Londra, per la modica cifra di trecentotrentacinque milioni di Sterline, oltre mille miliardi di Lire Italiane.
Quando scadrà il cosiddetto lease sarà Sua Altezza Reale a incassare.
Il suo palazzo, la cui costruzione è stata affidata all’Italiana Impregilo, rischia di rimanere ancora per un po’ al palo per problemi vari, ma a lavori ultimati arriverà anche Harrods.
Nelle hall del raffinatissimo e non caro Al Khozama, dove sono sceso spesso, incontrerete Abdullah, da me soprannominato il flanellista, un vecchio militare vedovo, che sta lì tutto il santo giorno e la sera, un caffè e un tea dopo l’altro, nella miglior tradizione Saudita.
I bagagli li porta il piccolo Maradona, un Pakistano così soprannominato per la stupefacente somiglianza con il calciatore, che mi assiste per il check – out, al momento di lasciare questo paese unico al mondo.

Carlo Zuccoli

(Credits: Getty Images)

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