SCRIVE OGGI
il giornalista dott. Sergio Nunziata ::
QUESTA IPPICA DEVE BATTERE LA MISERIA
L’altro giorno, il 15 giugno, ho letto su Facebook la lettera che un “gruppo di anziani scommettitori” ha inviato al “cronista di Facebook” Roberto Mazzucato, lamentando i contenuti attuali di quello che fu un fiore all’occhiello della programmazione settimanale ippica, la Tris.
Oggi invece è merce avariata, spacciata per buona dagli ippodromi che allestiscono il fatto e dal Ministero agricolo che lo finanzia. Ma dire “finanzia” è usare un eufemismo, dato che lo Stato d’oggi paga poco e male.
L’esternazione di quei romantici del “ticket” spiega tuttavia da solo la crisi di questa ippica.
Da quando l’amato Paese ha constatato di non avere più bisogno delle corse dei cavalli per concorrere alla quadratura del proprio bilancio, e la sua mangiatoia pubblica ha cambiato casa, per il settore è incominciata la carestia.
35 anni fa, ne fui testimone, i padroni ed i gestori degli ippodromi – seduti al tavolo dell’Unire per collaborare con l’Ente al varo della loro convenzione unica – si pavoneggiavano autodefinendosi “imprenditori”, ma di fatto muovevano denaro altrui.
Dopo che via XX Settembre ha cancellato gli Enti tecnici e la stessa Unire, e ha messo le scommesse nelle mani dei Monopoli, l’ippica ha incominciato a patire l’indigenza.
E i famosi “imprenditori ippici”?
Lamentele o addirittura silenzi; buona volontà, ma poca ciccia; nessuna presa d’atto e nessuna proposta corposa per voltar pagina.
Si invoco loro: sveglia, riciclate il patrimonio immobiliare che avete a disposizione per recuperare pubblico nei vostri impianti. Niente. Pochissimo, o addirittura nulla.
E proprietari e allevatori di cavalli? Men che meno, anche in sede politica: hanno delocalizzato all’estero.
E i professionisti dell’ippica (allenatori, guidatori, fantini e rappresentanze sindacali di categoria)? Buio anche dalle loro parti.
Come già invocammo, inascoltati naturalmente: l’ippica si tolga dalle mani dello Stato, lasci ad esso solo l’indispensabile controllo della fede pubblica, prenda dalle scommesse ciò che le spetta per legge, e s’impegni senza più indugi a risorgere da sola.
Altrove ce l’hanno fatta, con il coraggio, la fantasia e la fiducia dei pionieri.
Le corse dei cavalli continuarono mentre l’ultima guerra metteva in ginocchio il Paese, perché dovrebbero sparire ora?
Sergio Nunziata